La UNI ISO 20121:2024 arriva in casa Certe

La UNI ISO 20121: 2024 arriva in casa Certe
Finalmente i nostri eventi green sono certificati. Il 25 febbraio 2025 abbiamo ottenuto la certificazione UNI ISO 20121:2024 (Sistema di gestione sostenibile degli eventi). Il documento attesta l’adozione di pratiche sostenibili durante la progettazione, l’organizzazione e la realizzazione degli eventi.
La norma non è solo un marchio di qualità, ma fornisce indicazioni sulla gestione degli eventi e la riduzione degli impatti negativi sull’ambiente, migliorandone le performance e favorendo la sostenibilità.
I cinque vantaggi della certificazione:
- Dimostrare l’attenzione all’impatto ambientale, sociale ed economico;
- Rafforzare la reputazione aziendale e costruire uno storytelling autentico sulla sostenibilità;
- Evitare di mettere a rischio la reputazione aziendale grazie all’adozione di standard internazionalmente riconosciuti;
- Ottimizzare i processi lavorativi;
- Ridurre costi operativi e rifiuti prodotti.
Vedi il documento: https://www.certesrl.it/noi/
Donna e pubblicità: il femvertising

Donna e pubblicità: il femvertising
Feminism (femminismo) + advertising (pubblicità) = femvertising, il fenomeno in cui le campagne pubblicitarie sponsorizzano prodotti promuovendo uguaglianza di genere e messaggi di empowerment femminile e inclusività.
Questo nuovo modo di fare marketing nasce nei Paesi occidentali intorno al 2010, ma si diffonde ufficialmente a partire dal 2014 soprattutto negli Stati Uniti. L’evoluzione del femminismo ha spinto nel tempo a soffermarsi e a riflettere su una rappresentazione più autentica delle donne, per questo c’è stata una crescente richiesta di mostrarle in modo positivo, rispondendo alle critiche sulla sessualizzazione femminile nelle pubblicità.
Come per ogni strategia di comunicazione, anche questa ha i suoi lati positivi e negativi.
Perché adottare il femvertising? Ecco cinque motivi:
1. Rispondere al crescente desiderio di inclusività e autenticità, offrendo rappresentazioni reali che permettono un’intesa con il pubblico;
2. Migliorare l’immagine dell’azienda posizionandola come progressista e attirando i consumatori che condividono gli stessi valori;
3. Contribuire ad un aumento di visibilità della società sui social network;
4. Permettere all’azienda di emergere e distinguersi tra i competitors;
5. Dimostrare di abbracciare una cultura aziendale in favore della parità di genere all’interno dell’azienda stessa, la rende più attrattiva per i propri dipendenti e quelli futuri.
Un motivo per non fare femvertising:
1. Il rischio più grande del femvertising è che i messaggi risultino forzati e non veri, banalizzando anche il femminismo. Il pubblico 4.0 è sempre più attento a ciò che legge, a ciò che vede, a ciò che ascolta. Ormai sa riconoscere chi sostiene davvero una causa sociale e chi, al contrario, si limita a sfruttarla per scopi puramente economici. Questo fenomeno è noto come “Pinkwashing”, ossia l’uso strumentale dei temi legati al femminismo da parte di aziende e organizzazioni, orientato al miglioramento della propria immagine, senza un reale impegno o supporto concreto.
A voi la scelta: femvertising sì o no?
Marketing miopia, quando le aziende non riescono a vedere oltre il loro naso

Marketing miopia, quando le aziende non riescono a vedere oltre il loro naso
Se per noi comuni mortali sono gli occhiali a metterci in salvo dalla miopia, per le aziende questi, non funzionano. Infatti, non ci sono lenti tanto forti da salvare i brand da quella che viene definita miopia di marketing.
Si tratta dell’incapacità di alcuni brand di osservare le nuove opportunità offerte dal mercato e i nuovi bisogni dei consumatori, focalizzandosi esclusivamente sui propri obiettivi e sulle proprie preferenze.
Alcune aziende, nel tentativo di superarsi continuamente, rischiano di lanciare sul mercato prodotti che troppo si allontanano da quelli maggiormente utilizzati, rendendoli appetibili per pochi clienti. Ad esempio, nel settore tecnologico, le compagnie che spingono troppo sull’innovazione finiscono per creare apparecchi di difficile utilizzo per coloro che non hanno particolari competenze informatiche, limitandone le vendite.
Altre, invece, cadono nella miopia di marketing a causa dei loro valori, che potrebbero risultare dissonanti rispetto a quelli dominanti all’interno della società di riferimento.
È questo il caso del famoso brand di lingerie che da sempre, con i suoi “angeli”, si è fatto promotore di canoni estetici di perfezione. Il mercato attuale sembra suggerire un recente cambio di valori con cui si riconoscono i consumatori e si sono diffusi i concetti di body positivity e self-encouragement, molto lontani dall’immagine su cui punta ancora il brand, che risulta così “miope” di fronte al periodo storio odierno che predilige l’imperfezione e la semplicità.
A cavalcare l’onda, invece, è stato un famoso brand “alato” di body care, che nei suoi spot si rivolge alle “persone normali”, sottolineando quanto sia importante amare i propri difetti, le proprie imperfezioni e, soprattutto, se stessi.
Per evitare di cadere nella miopia di marketing è necessario che le aziende si domandino quali bisogni i consumatori stanno cercando di soddisfare acquistando i loro prodotti e servizi. Un orientamento al bisogno permette, infatti, di mantenere il focus sull’andamento del mercato e sui valori socialmente condivisi che lo dominano, evitando di restare acciecati dalle proprie convinzioni.
Social Media Listening: la centralità dei social nelle strategie marketing

Social Media Listening: la centralità dei social nelle strategie marketing
Inutile negarlo, tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo cercato il nostro nome su Google nella speranza di conoscere come appariamo sul web.
Anche le aziende lo fanno per comprendere come vengono percepite dagli stakeholders per sviluppare strategie mirate, su misura per i loro clienti. A venire in soccorso ci sono i social network che permettono di tracciare le conversazioni online su ciò che le riguarda, come prodotti e servizi offerti. Questo processo prende il nome di Social Media Listening e si compone di due fasi: la prima è quella più empirica di raccolta dei dati ed è denominata Social Media Monitoring, la seconda è il Social Media Listening vero e proprio.
Cosa occorre per svolgere correttamente il Social Media Listening?
- Creare un account social per iscriversi a gruppi nei quali vengono trattati argomenti inerenti al core business e seguire le pagine degli stakeholders per captare eventuali bisogni e necessità;
- Raccogliere empiricamente i dati relativi alle mention, i like, il sentiment, le condivisioni, per comprendere l’andamento generale delle opinioni degli utenti, gli argomenti di tendenza e le esigenze dei clienti. Questo processo può essere anche facilitato dall’impiego di diversi tools quali Hootsuite, Sprout Social e SEMrush;
- Analizzare i dati raccolti al fine sviluppare strategie di marketing ad hoc, in grado di aumentare l’engagement del brand e migliorarne la reputazione.
Il Social Media Listening è spesso adottato dalle aziende anche come elemento fondamentale nei processi di customer service, in quanto i consumatori utilizzano sempre di più i social media per richiedere assistenza e fare reclami. Questo rappresenta per le aziende l’opportunità di risolvere tempestivamente problemi e prevenire eventuali focolai di crisi.
Monitorare l’immensa mole di dati circolante sui social non è di certo semplice, ma sicuramente utile a rendere il proprio brand di tendenza e attento ai consumatori, facilitando così il suo posizionamento sul mercato e la fidelizzazione con i clienti.
Nostalgia Marketing, quando il passato torna di moda

Nostalgia Marketing, quando il passato torna di moda
Vi capita mai di pensare che il passato sia meglio del presente? O di sentire la mancanza di esperienze, oggetti e abitudini ormai in disuso?
Se la risposta è sì, non sentitevi soli.
La nostalgia del passato è un bias cognitivo universale, dovuto alla tendenza del nostro scaltro cervello a ricordare più facilmente gli eventi positivi rispetto a quelli negativi. Ed è proprio su questa romanticizzazione dei tempi andati che si basa il nostalgia marketing, un’innovativa strategia di comunicazione in grado di modificare le scelte d’acquisto dei consumatori, orientandole verso prodotti protagonisti di tendenze passate.
Negli ultimi anni si è assistito, in più ambiti, ad un incremento dell’utilizzo di musiche, abiti e prodotti “vintage” al fine di coinvolgere emotivamente il pubblico.
Serie Tv
Come non citare “Stranger Things”, la serie tv ambientata negli anni ’80, che è stata in grado in riportare in vetta alle classifiche la canzone “Running Up That Hill” di Kate Bush del 1985, con oltre un miliardo di riproduzioni su Spotify. A tornare in voga grazie al mondo del sotto-sopra sono stati anche vistosi abiti e bizzarre acconciature come il mullet (intendiamoci, è il classico taglio da “triglia”)
Food
Nel settore alimentare, ad utilizzare il nostalgia marketing è la Barilla. Grazie alla sua solida storia e a campagne pubblicitarie travolgenti ed emotivamente coinvolgenti, è stata in grado di posizionarsi nella mente dei consumatori come un brand iconicamente legato ai concetti di “famiglia” e “amore” e i cui prodotti rimandano a felici ricordi di infanzia e condivisione.
Social Network
Facebook e Instagram, invece, propongono giornalmente contenuti pubblicati in passato dagli utenti, rafforzando il loro legame attraverso il ricordo della loro storia online.
Lo scopo del nostalgia marketing è, quindi, quello di costruire un ponte tra passato e presente, rendendo gli oggetti di allora attuali e desiderabili, reinterpretandoli in funzione delle esigenze moderne.
Tema: Come nasce uno spot…secondo noi #chestaiacasatua

Tema: Come nasce uno spot…secondo noi #chestaiacasatua
Premessa
Tutto ciò che non si vede.
Introduzione
Ci sono idee che diventano progetti. Certe volte prendono vita quasi per caso. Certe volte spaventano. E poi? E poi succede che troviamo degli attori, scriviamo una storia fatta su misura per loro e si parte.
È il 6 maggio 2024 e per noi inizia ufficialmente una corsa contro il tempo: lo spot dal titolo “Che stai a casa tua”, con protagonisti Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, deve essere lanciato entro il 30 giugno 2024. Bene. Siamo pronti. Dalla nostra un’organizzazione certosina con una suddivisione dei compiti fatta a regola d’arte: scrittura; sopralluoghi; scelta delle location; casting; assistenza alla produzione. Il treno è partito in orario ed è giunto a destinazione senza soste accessorie.
Svolgimento
Abbiamo voluto realizzare uno spot che sensibilizzasse lo spettatore su tematiche ambientali cercando di proporre un’idea efficace che riuscisse a far riflettere con il sorriso. Il percorso è stato tortuoso e caratterizzato da un fitto gioco di incastri di tempi e spostamenti. L’ostacolo più grande da superare è stato dover girare tutto in una sola giornata e in quattro Comuni diversi. Abbiamo dovuto organizzare le riprese con una precisione quasi maniacale. Nonostante tutto siamo riusciti a lanciare lo spot nei tempi prestabiliti. Il 21 giugno, infatti, abbiamo organizzato la conferenza stampa di lancio dello spot a Bari, presso la sala Consiliare della Città Metropolitana e con noi c’erano naturalmente gli attori, il regista, Mirko Dilorenzo e i sindaci dei quattro Comuni per i quali abbiamo realizzato lo spot, ossia Monopoli, Conversano, Polignano a Mare e Mola di Bari. Terminata la conferenza lo spot era su tutte le piattaforme social, sul web e in televisione.
Conclusioni
In poco più di un mese le nostre giornate di lavoro sono state stravolte, riavvolte, srotolate e stritolate. Immaginate un calzino appallottolato in un angolo della lavatrice. Ecco, quelli eravamo noi! Nonostante tutto eravamo puliti e felici. Lavorare a questo spot ci ha messo a dura prova, ma siamo arrivati dritti alla meta impegnandoci e reinventandoci ogni giorno.
Video mapping, la tecnologia che incanta

Video mapping, la tecnologia che incanta
Dipingere con la luce. Che magia meravigliosa! Questo è il dono del video mapping, che “trasforma” la realtà in quadri animati e scenografie fluttuanti grazie proiezioni di immagini e animazioni su superfici di edifici e non solo.
Per chi organizza eventi, spettacoli, attività culturali o realizza spot pubblicitari e videoclip, l’obiettivo più importante da raggiungere con il proprio lavoro è essere ricordato per aver emozionato, per aver colpito nel segno, per essere andato oltre il senso comune delle cose.
Come farlo? Il video mapping fa al caso nostro. Il suo raggio d’azione, infatti, è molto ampio. Si tratta di una tecnica che trasforma le superfici in display dinamici per la proiezione di contenuti video creati mappando le geometrie della struttura su cui sarà proiettata un’animazione in 2D o 3D. Ma come avviene il “mapping” o “mappatura” di una superficie? È un lavoro certosino realizzabile tramite una serie di rilevamenti fotografici della superficie da mappare, che vengono successivamente rielaborati per creare un modello virtuale in 3D.
Esistono molteplici tipologie di video mapping tra cui quello immersivo a 360°, che unisce la proiezione tradizionale ad ambienti con superfici proiettive circolari, semisferiche e cubiche. Lo spettatore in questo caso è letteralmente abbracciato da uno show che prende vita interamente attorno al suo punto di vista, senza soluzione di continuità.
Anche le figure professionali coinvolte sono numerose, soprattutto nei progetti più ambiziosi: lighting designers, video designers, grafici e tecnici audio e talvolta anche sceneggiatori, compositori di musica, doppiatori e cantanti.
Tre motivi per cui usare nei propri progetti questa tecnica scenica così innovativa:
- ha un impatto ambientale ridotto, poiché non produce rifiuti o inquinamento;
- è altamente personalizzabile;
- può essere interattiva, aumentando il livello di coinvolgimento dello spettatore.
Realtà aumentata, una marcia in più per l’organizzazione di eventi

Realtà aumentata, una marcia in più per l’organizzazione di eventi
Mimèṡi = imitazione. Da sempre l’uomo cerca di riprodurre la realtà, o meglio la sua forma ideale, nel modo più fedele possibile. Quadri, sculture, film ecc. Come si dice, negli anni ha fatto passi da gigante. Infatti, tra studi, prove, tentativi, fallimenti e vittorie, ha messo a punto l’Augmented Reality (realtà aumentata). Cosa si può fare con questa tecnologia? Creare esperienze immersive, coinvolgenti che nel mondo aziendale possano generare valore ed engagement. Un ambito in cui l’AR è impiegata con grande successo è quello degli eventi (fiere, convention aziendali, ecc), per coinvolgere il più possibile le persone che vi partecipano. La tecnologia diventa così alleato dello spettatore consentendogli di “portare con sé” parte dell’esperienza vissuta. Inoltre, l’AR si rivela uno strumento vicino al mondo dei social in grado di rendere tutto “condivisibile”, anche con chi è fisicamente distante. E, elemento non trascurabile, amplifica la portata dell’evento stesso. A differenza della realtà aumentata che arricchisce l’ambiente circostante con elementi che si sovrappongono al campo visivo, quella virtuale, invece, crea un mondo alternativo completamente digitale.
Esempi pratici di applicazione della AR:
– Maxischermi con animazioni che fondono ambiente reale con contenuti virtuali;
– QR Code per coinvolgere il fruitore in esperienze interattive tramite smartphone o tablet e consentire la “visualizzazione” di elementi multimediali sovrapposti allo spazio fisico in cui ci si trova;
– Visori per viaggiare, ad esempio, nel tempo e ammirare il luogo in cui ci si trova con le caratteristiche di un’epoca passata o futura.
Altri campi in cui applicare l’AR:
- Formazione;
- Intrattenimento;
- Presentazione di prodotti, oggetti;
- Concerti;
- Azioni di team building.
La realtà aumentata è uno strumento rivoluzionario, che può donare un plus al mondo che ci circonda.
Rebranding, quando il cambiamento è funzionale

Rebranding, quando il cambiamento è funzionale
Ricominciare. Rinnovare. Ridisegnare. Questo è il rebranding, una strategia di marketing e comunicazione utilizzata per dare nuova linfa alle aziende.
Ciò che porta una società ad una riorganizzazione della brand identity può essere distinto tra rebranding reattivo e proattivo. Nel primo caso il rebranding viene scelto per comunicare cambiamenti importanti, come una fusione aziendale o come risposta all’innovazione dei competitor, per mantenere un vantaggio sul mercato. Nel secondo caso, invece, questa strategia rappresenta una opportunità di miglioramento della propria identità a 360°.
I benefici del rebranding in tre punti:
1. riallineare i valori aziendali con la brand identity per un nuovo e più efficace coinvolgimento del pubblico;
2. distinguersi dalla concorrenza e continuare ad espandersi con l’obiettivo di far crescere il proprio marchio;
3. fronteggiare al meglio i cambiamenti di un mercato caratterizzato da clienti sempre più esigenti.
Un’operazione di rebranding non è esente da rischi. Il cambiamento, in ogni sua forma, è destabilizzante e i consumatori potrebbero sentirsi disorientati e non ritenere migliorativa una azione definita tale dal brand stesso. Il processo deve essere gestito con cura, attraverso ricerche di mercato, valutazioni dell’identità attuale del marchio, definizione di nuovi obiettivi e creazione di nuovi elementi di identità visiva. Solo così cambiare potrà rappresentare una opportunità.
Tra ironia e paradosso parte la nuova campagna “Patologicamente comunicativi”

Tra ironia e paradosso parte la nuova campagna “Patologicamente comunicativi”
Sovvertire positivamente pregiudizi e luoghi comuni. Siamo partiti da qui, muovendoci tra paradosso e ironia, per raccontare un po’ di noi, del nostro modus operandi.
Nasce così “Patologicamente Comunicativi”, la nuova campagna di comunicazione firmata Certe, approdata sul Daily Media a settembre. Abbiamo provato a descrivere i nostri punti di forza, dando una sfumatura “patologica” a piccole manie che ogni giorno contribuiscono alla buona riuscita dei nostri lavori. Ci siamo svincolati dalla forma e dall’ordinario per divertirci e divertire.
Concept e impostazione grafica si sono sviluppati all’unisono. Protagonista indiscussa la natura nelle sembianze di uno struzzo, un pipistrello e un ragno. A loro abbiamo affidato la nostra empatia, la nostra fantasia e il nostro perfezionismo. Abbiamo reso “patologicamente” ironico ciò che più ci caratterizza, sfruttando ed enfatizzando alcuni dettagli di questi animali: la mimica per la Sindrome da empatia, le abitudini notturne per la Fantasia compulsiva e la propensione alla precisione per il Perfezionismo Patologico.
Questi siamo noi, #patologicamentecomunicativi.
(Nessuna reale patologia è stata sfruttata da Certe srl per l’ideazione di questi ADV).
Ci immedesimiamo nei nostri clienti per comprendere al meglio le loro esigenze.
La nostra immaginazione non si esaurisce mai e ci supporta nella realizzazione di tutti i progetti di comunicazione.
Proviamo ad essere precisi in ogni dettaglio e fase dell’attività lavorativa.